Nell’ultimo mese, tanti esponenti della politica italiana hanno nominato il fumetto Topolino, utilizzandolo sempre come metro di paragone negativo per attaccare qualcuno
“Dove l’ha letto, su Topolino?”. “Leggi qualche libro in più, oltre a Topolino”. “I numeri dei giornali? Attendibili come Topolino”, queste sono tutte frasi realmente pronunciate da alcuni esponenti della politica italiana.
Topolino come esempio negativo per la politica italiana
Dopo aver fatto finta di niente per diverse volte, gli autori del magazine, uno dei fumetti più letti e famosi del mondo, hanno deciso di dire basta e di manifestare il loro dissenso: “Con noi hanno iniziato a leggere tre generazioni” è il succo del loro discorso, dunque “portateci rispetto e smettete di utilizzarci come esempio di ignoranza per insultare qualcuno“.
“Inedito attacco di Calenda al direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano – scriveva Gasparri – ma tra i due, a svantaggio del primo, c’è una montagna di libri letti e scritti di differenza”. La risposta di Calenda fu al veleno: “Le montagne di libri sono più basse o più alte di quelle lette da Salvini secondo lo stesso Sangiuliano? Includi Topolino?”.
Sempre nello stesso periodo, il filosofo Massimo Cacciari da CartaBianca su Rai3, durante un confronto con il giornalista Maurizio Belpietro disse “Se la gente avesse letto qualche libro in più oltre a Topolino, capirebbe molte cose”
Fu questa ultima esternazione che, cumulata alle altre, ha scatenato la reazione degli autori di Topolino: “Un settimanale che ha avviato alla lettura almeno tre generazioni di italiani – ha scritto su Facebook Francesco Artibani, autore Disney dal 1992 – diventa oggi un esempio negativo da citare con disprezzo. Se affermassi che i politici sono tutti ladri, i giornalisti dei pennivendoli e i filosofi dei gran chiacchieroni pieni di idee fumose e incomprensibili direi delle banalità offensive. È per questo che è ora di pretendere rispetto per questo lavoro”.
“Topolino fa parte di me. Disegno fumetti grazie a Topolino, ho iniziato a leggere grazie a Topolino e questo mi ha permesso di approcciarmi a lettura via via più complesse. Grazie Topolino e grazie anche a chi lo denigra per farsi bello, perché Topolino mi ha insegnato ad accettare chi la pensa diversamente da me”, ha scritto il disegnatore Francesco D’Ippolito.
Topolino e il Ponte sullo Stretto di Messina
Tornando al presente, Topolino è stato utilizzato come dimostrazione del “desiderio”, da parte della politica italiana – o forse solo di Matteo Salvini – di costruire il Ponte sullo Stretto di Messina.
Infatti il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, in una diretta su Facebook, ha mostrato il fumetto di Topolino del 1982 che riportava in copertina il Ponte sullo Stretto di Messina affermando: “Celebrava i cantieri, i lavori per il Ponte sullo Stretto. Sono passati 41 anni, non c’è traccia del Ponte, anche se i progetti agli italiani sono già costati dei quattrini. Però è un diritto alla continuità territoriale per milioni di siciliani, senza dover aspettare i traghetti. Vogliamo dare una risposta, dopo 50 anni di chiacchiere”.
Non è un mistero che il Ponte sullo Stretto abbia una storia lunga e travagliata, e da quando l’attuale governo l’ha rilanciato si è cercato di stringere i tempi: al momento, la promessa è che i cantieri apriranno entro l’estate del 2024, per un progetto che costerà 13,5 miliardi di euro (e che di recente ha visto aumentare i compensi dei dipendenti della società Ponte sullo stretto e del suo presidente).
Il numero in questione era il 1401 di Topolino, uscito il 3 ottobre del 1982, un anno prima era nata la società Ponte sullo stretto, e si era svolto il primo sopralluogo.
Nel fumetto, la prima storia – che occupa 36 pagine – è quella chiamata proprio Zio Paperone e il Ponte di Messina, ma sembra però che Salvini non si sia dedicato alla lettura della storia, dato che nel finale il Ponte risulta completamente inutilizzabile e il progetto fallisce.
Sembra infatti che la storia non sia proprio un’esaltazione delle potenzialità del Ponte sullo Stretto, anzi, metteva in evidenza in modo ironico molti dei rischi, della fattibilità tecnica alla tendenza a cercare la soluzione economica e meno sicura.
In un modo non troppo diverso dai “signor no, gufi, menagramo” criticati da Salvini nella diretta Facebook. Anche perché quell’anno non c’erano “cantieri e lavori” per costruire il Ponte, come detto dal ministro. La progettazione era ancora in corso, e sarebbe rimasta in stallo per diversi anni.