La proposta della Commissione Ue di rimpiazzare la frase “da consumarsi preferibilmente entro il …” con “spesso buono oltre” non convince i Paesi membri
Fumata nera per l’etichetta che allunga la vita ai cibi in scadenza. Il ritocco che vorrebbe rimpiazzare le informazioni sul termine minimo di conservazione ( “da consumarsi preferibilmente entro il ...”) con la frase “spesso buono oltre” non ha convinto i Paesi membri. La modifica, fatta circolare in marzo, doveva rientrare nel pacchetto che la Commissione Ue presenterà il prossimo 5 luglio ma la bozza di proposta messa a punto dall’esecutivo comunitario non ha superato le perplessità dei Ventisette. La presentazione è dunque slittata a data da destinarsi e il lavoro a Bruxelles su un’etichetta anti-spreco va avanti.
Uno dei nodi da sciogliere sarebbe di ordine linguistico. La frase “spesso buono oltre”, secondo i detrattori, infatti risulterebbe efficace in alcuni Paesi ma poco incisiva o comprensibile in altri.
Più in generale a non convincere è la proposta stessa di intervenire sull’etichettatura degli alimenti, un ambito nel quale la Commissione Ue aveva annunciato – con la “Strategia Farm to Fork“, dal campo alla tavola – una riforma organica, con l’indicazione di origine e informazioni nutrizionali sul modello francese “Nutriscore”.
I numeri dello spreco alimentare in Italia
Secondo i dati dell’Osservatorio Waste Watcher, in media gli italiani gettano 524 grammi di cibo pro capite a settimana, ovvero oltre 27 chilogrammi all’anno. Numeri che, seppur in calo rispetto al 2021, restano preoccupanti. La maglia nera va al Sud, che registra l’8% di spreco in più rispetto alla media nazionale, e alle famiglie senza figli (+38% rispetto alla media italiana).
Tradotto in numeri, lo spreco del cibo solo nelle nostre case ammonta a 6,48 miliardi di euro.
A peggiorare la situazione, fa notare l’Osservatorio nel rapporto “Il caso Italia”, è il dato relativo allo spreco lungo la filiera, dal campo alla catena dell’industria fino alla distribuzione. Nel 2022 sono andate sprecate nella filiera italiana oltre 4 milioni di tonnellate di cibo, portando il valore complessivo dello spreco alimentare a oltre 9,3 miliardi di euro. Lo spreco del cibo di filiera pesa per il 26% in agricoltura, per il 28% nell’industria e per l’8% nella distribuzione.
Nella classifica degli alimenti che con più frequenza finiscono nella pattumiera, svetta la frutta fresca (24 grammi settimanali) seguita dal pane. Nella hit anche insalata, verdure, aglio e cipolle.
Nota positiva, il consumatore che emerge dal report risulta più misurato negli acquisti e focalizzato sulla prevenzione degli sprechi anche come risposta all’inflazione. Rispetto a due anni fa e a parità di budget destinato alla spesa alimentare, quasi 1 italiano su 3 per esempio fa la spesa tenendo in considerazione la sostenibilità della produzione e il consumo del cibo (27%).