Insider, faccia a faccia con il crimine non andrà in onda il prossimo autunno. Nel mirino dell’ad Roberto Sergio le parole dello scrittore su Matteo Salvini, definito “ministro della Malavita”. È “incompatibile con il Codice etico del servizio pubblico”
Roberto Saviano è fuori dai palinsesti autunnali della Rai. Insider, faccia a faccia con il crimine , il programma ideato e condotto dallo scrittore, non andrà in onda, come previsto, a novembre malgrado le quattro puntate siano già state registrate. Lo ha anticipato, in un’intervista ieri al Messaggero, l’amministratore delegato Roberto Sergio. “La scelta è aziendale non politica”, ha precisato l’a.d. della Rai.
“È una decisione politica che si inserisce nella strategia più ampia di usare le azioni giudiziarie come grimaldello per impedirti di lavorare”, ha ribadito l’autore di Gomorra nell’intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera.
La motivazione ufficiale che ha portato alla cancellazione del programma, secondo Viale Mazzini, è “l’incompatibilità con il codice etico del servizio pubblico”. Nel mirino dei vertici Rai infatti c’è lo scontro social con l’allora capo del Viminale Matteo Salvini, che Saviano nel 2018 apostrofò come “ministro della Malavita”, prendendo in prestito il titolo di un libro di Gaetano Salvemini.
Una definizione da cui il giornalista non intende dissociarsi: “Certo che la rivendico”, ha detto all’Ansa. “Matteo Salvini andò a Rosarno, terra di ‘ndrangheta, e disse che il problema di Rosarno sono le baraccopoli e prometteva ruspe. Tra chi ascoltava il suo comizio c’erano persone vicine ai Pesce-Bellocco, nemmeno un riferimento alla ‘ndrangheta”.
Secondo il giornalista, “l’attitudine di Salvini nei confronti del Sud Italia è la stessa che Salvemini attribuiva a Giolitti: sfruttamento elettorale e scarsa attenzione ai problemi reali”, ha spiegato al quotidiano di via Solferino.
L’ad Sergio respinge le accuse di chi definisce il nuovo corso inaugurato in Rai “TeleMeloni”: “Siamo un’azienda, mai come questa volta, equilibrata e pluralista”, si è difeso Sergio. “La politica la incontro ma non mi faccio condizionare nelle scelte aziendali. Non sono di parte, sono al servizio dell’azienda e del Paese”.
Ma lo scrittore non ci sta e parla di “nuovo editto bulgaro” alludendo alla cacciata nel 2002 dei giornalisti Enzo Biagi e Michele Santoro e del comico Daniele Luttazzi quando al governo c’era Silvio Berlusconi. “Questa Italia fa paura. Prima di massacrano di processi, poi ti impediscono di lavorare”.
C’è chi ha visto analogie col caso del giornalista di Libero Filippo Facci, estromesso dai palinsesti Rai dopo le parole ritenute offensive rivolte alla 22enne che accusa il figlio del presidente della Camera Ignazio La Russa di un presunto stupro. Un paragone che secondo lo scrittore no regge: “Facci ha attaccato una persona inerme per difendere il potere. Io ho attaccato il potere. In realtà l’equiparazione è una strategia politica dei media di destra che sono nelle mani di un parlamentare della Lega”.
Alla trasmissione cancellata dai palinsesti Rai, lo scrittore e la redazione che lo ha affiancato lavoravano da oltre un anno. Quattro puntate già pronte centrate sulla mafia: “Abbiamo parlato di Don Peppe Diana, sacerdote ucciso dal clan dei casalesi. Dei collaboratori di giustizia che hanno permesso di svelare importanti rapporti tra mafia e politica e tra mafia e imprenditoria e dei giornalisti perseguitati, tra loro Rosaria Capacchione ed Enzo Palmesano”, ha spiegato all’Ansa.
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