Cosa rende una pizza più o meno digeribile? Dalla lievitazione al condimento, i nostri consigli per una pizza leggera, e gustosa
La caratteristica principale che determina il fatto se una pizza è degna di essere chiamata tale è senza dubbio la sua digeribilità: che si tratti di pizza al taglio, al piatto, alla napoletana o alla romana, sicuramente il suo impasto deve essere leggero e digeribile.
Ma che cosa può rendere la pizza digeribile e leggera? Ci sono dei fattori ben precisi che possono influire sulla digeribilità di quello che è uno dei piatti simbolo della cultura alimentare italiana.
Pizza leggera e digeribile, ecco come
Sicuramente un impasto realizzato con un buon processo di lievitazione e maturazione, l’utilizzo di prodotti di qualità, la buona stesura della pizza e, per ultima ma non per importanza, una cottura corretta.
La maturazione dell’impasto si basa su un principio che determina la differenza del risultato, ovvero la lentezza: maggiore è il tempo che separa la fase di impasto da quella di cottura, maggiore sarà la presenza di aminoacidi (che sono la parte più piccola delle proteine) e di glucosio (la parte più piccola di zucchero complesso o amido) all’interno dell’impasto.
Gli enzimi che scompongono le proteine e lo zucchero complesso avranno avuto molte ore a disposizione per scomporre in piccolissime parti ciò che altrimenti risulterebbe indigesto al nostro organismo. Il tempo ideale per una buona maturazione è una lenta lievitazione di 24/36 ore (preferibilmente in frigo a 2/4 gradi).
Un impasto ricco di amminoacidi e zuccheri semplici, cotto ad alta temperatura – come nel caso della pizza – consente di ottenere un prodotto leggero, digeribile e dal profumo intenso.
Se a queste regole di base aggiungiamo il fatto che l’impasto dovrebbe sempre essere realizzato con farine di altissima qualità, ottenute preferibilmente da grani selezionati e di standard qualitativo superiore, saremo certi di ottenere una pizza buona, leggera e digeribile.
Altro aspetto da non sottovalutare è l’abilità del pizzaiolo nello stendere l’impasto: ad esempio è vietato schiacciare violentemente e chiudere le microbollicine che si formano durante il processo di lievitazione e maturazione.
Questo è un passaggio molto importante, perché sono proprio queste micro bolle d’aria che consentono al calore di passare uniformemente attraverso l’impasto e di trasformare gli amidi in “mollica”, rendendo il prodotto altamente digeribile.
Ecco, quindi, che anche la cottura gioca un ruolo importante, perché se la pizza è stesa bene e si cuoce in maniera ottimale e uniforme, gli acidi gastrici dell’organismo “digeriranno” molto più velocemente e facilmente l’impasto.
Anche il tipo di condimento che si è scelto per la pizza inciderà in maniera importante sulla digeribilità e sulla qualità del prodotto finale: realizzare un impasto ottimale ma non utilizzare prodotti di prima scelta per completare la pizza vanificherà il lavoro della lievitazione, maturazione e cottura.
Questo riguarda sia la scelta del pomodoro (alla base delle più note varietà di pizza), che della mozzarella e degli altri ingredienti. Il primo dovrà essere un prodotto equilibrato dal punto di vista dell’acidità (un segreto? Aggiungere alla passata o ai pelati un pizzico di zucchero o di bicarbonato per ridurne l’acidità), ma anche la mozzarella dovrà essere compatta, fresca e asciutta per evitare che in cottura rilasci troppo liquido per non bagnare l’impasto.
Un buon trucco è quello di lasciarla fuori dal frigo ed avvolgerla nella carta assorbente da cucina, prima di posizionarla sull’impasto. Infine l’olio, rigorosamente extra vergine di oliva per garantire non solo un gusto armonico, ma anche un prezioso alleato di benessere per la nostra alimentazione.
Altre tipologie di impasti
Ci sono poi diverse tipologie di impasti, come ad esempio quelli a base di farina integrale che sono difficili da lavorare perché la quantità di fibre non permette al glutine di legare con la stessa facilità, dunque è importante bilanciare la quantità.
Infatti questo impasto è caratterizzato dall’utilizzo di farine integrali mixate con quelle di tipo zero o doppio zero, proprio per la difficoltà di lavorazione.
Non tutti sanno che Kamut è un marchio registrato da parte della società americana Kamut International, diventato un termine di uso comune per identificare il grano Khorasan (chiamato anche grano turanicum o frumento orientale).
Simile al grano duro, il grano Khorasan contiene glutine ed è particolarmente indicata agli sportivi grazie alla presenza di selenio, zinco, magnesio e vitamina E.
C’è poi l’impasto con farine ai 5 cereali, che si ottiene con l’utilizzo di farina a base di grano tenero cui vengono aggiunte piccole percentuali di farina integrale e altri cereali, come orzo, segale, farro e avena.
Inoltre, possono essere presenti anche semi oleosi quali lino, miglio e girasole. Oltre ad apportare diversi benefici, la farina ai 5 cereali conferisce un particolare sapore alla pizza, rustico e gradevole.
Il farro, rispetto agli altri cerali, presenta un apporto calorico inferiore, circa 335 calorie per 100 grammi. La farina di farro, d’altro canto, è ricca di proteine e vitamine del gruppo B, e mentre è molto indicata per chi soffre di digestione difficile, non deve essere assunta dai celiaci.
Dal gusto che ricorda la nocciola, la farina di canapa è molto proteica e presenta elevate proprietà nutrizionali grazie alla presenza di amminoacidi essenziali e di elementi antiossidanti.
Infine c’è l’impasto al carbone vegetale, il quale può essere aggiunto a qualunque tipo di farina (anche gluten free) per dare alla pizza la caratteristica colorazione scura.
Il carbone vegetale, se inserito nelle giuste percentuali all’interno dell’impasto, non apporta modifica al sapore della pizza e viene utilizzato principalmente per le sue proprietà digestive.