Il termine cloud seeding fa riferimento alla tecnica utilizzata per produrre pioggia artificialmente. Nonostante la sua crescente diffusione, sono molte le preoccupazioni degli esperti.
La siccità è un problema a cui sempre più Paesi devono fare fronte, compresa l’Italia. Negli ultimi anni, in particolare, quello che è un fenomeno comune a diverse aree del mondo ha iniziato a manifestarsi in modo via via più abituale, portando a non poche criticità a livello ambientale ed economico. In tale ottica, il ricorso al cloud seeding si presenta come un’alternativa utile per diverse realtà.
I danni determinati dalla siccità hanno conseguenze su più ambiti. Da un lato, mette in grande difficoltà coltivatori e produttori impegnati nel settore alimentare. A rimetterci siamo tutti noi, che ci ritroviamo ad avere a che fare con carenze e aumenti di prezzi. Ma anche, per esempio, con migrazioni determinate proprio dalla mancanza di risorse o disastri ambientali. Dall’altro lato, ad essere intaccata è prima di tutto la Terra. A maggior ragione se pensiamo che fenomeni simili hanno conosciuto una maggiore diffusione per via della crisi climatica che stiamo vivendo.
La produzione artificiale della pioggia, in un quadro del genere, diventa per molti la principale soluzione per ovviare a tali problematiche. La prima persona ad aver immaginato di poter influire sull’attività delle nubi è stato il chimico e meteorologo Vincent Joseph Schaefer. L’idea gli venne durante una scalata del Monte Washington insieme al collega Irving Langmuir, celebre per essersi aggiudicato nel 1932 il Premio Nobel per la chimica.
Schaefer, quel giorno, iniziò a discutere con Langmuir della possibilità, per l’essere umano, di avere un ruolo nella produzione della pioggia. Il chimico, una volta finita la scalata, si buttò a capofitto nel progetto. Tuttavia, non fu l’unico ad avere una simile illuminazione: Bernard Vonnegut, climatologo e collega di Schaefer, ebbe la stessa intuizione.
Se il chimico giunse alla conclusione di sfruttare il ghiaccio secco per dare una spinta alla creazione di pioggia nelle nudi (utilizzandolo come nucleo di condensazione), Vonnegut elaborò una tecnica basata sull’inseminazione facendo ricorso allo ioduro di argento. Oggi questa è tra le principali strategie utilizzate per il cloud seeding grazie alla capacità di attaccarsi alle molecole d’acqua che si trovano nelle nuvole della sostanza.
Dagli anni ’40 (epoca in cui presero forma le idee di Schaefer e Vonnegut) ai giorni nostri, sono stati diversi i Paesi ad aver puntato sulla pioggia artificiale. Un esempio è la Cina, caratterizzata da numerose regioni che devono fare fronte a siccità e aridità, tra le quali spicca proprio la capitale Pechino. Qui, in occasione delle Olimpiadi del 2008, è stato utilizzato il cloud seeding nella giornata antecedente alla cerimonia di apertura.
Gli Emirati Arabi Uniti, poi, sono tra gli Stati a farne maggiore uso al mondo. Il Governo, a partire dagli anni ’90, ha investito milioni su questa tecnica. Ma nonostante la sua diffusione, il cloud seeding continua a non convincere totalmente alcuni esperti. A far discutere è, soprattutto, l’impiego di sostanze chimiche che si legano alle molecole della pioggia andando, successivamente, a riversarsi nei corsi d’acqua.
Per il momento, non è noto quali siano gli effetti sull’ambiente e sulla nostra salute. Un altro punto critico è, ovviamente, il costo dello stesso metodo, decisamente alto. Infine, non si può tralasciare il fatto che gli scienziati non siano ancora riusciti a provare a tutti gli effetti il funzionamento delle piogge artificiali. Il dibattito intorno al cloud seeding continua ad essere acceso, dunque. Ma nonostante i punti critici, la tecnica ha anche diversi effetti positivi.
L’acqua è la chiave della vita sulla Terra e un aumento delle piogge, in particolare nei Paesi in difficoltà per via di una loro carenza, è decisamente utile. Tuttavia, non è una soluzione sufficiente per superare il problema. Ad ogni modo, stimolare la produzione di pioggia contribuisce anche a migliorare la qualità dell’aria respirata, andando a ridurre l’inquinamento.
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