Quanti anni di contributi sono necessari per accedere alla pensione con le attuali regole, le varie possibilità offerte dal sistema previdenziale.
La discussione sulla riforma del sistema pensionistico continua ad agitare governo e forze sociali in questo periodo. La situazioni attuale potrebbe essere modificata dall’introduzione di nuovi provvedimenti con le Legge di Bilancio in fase di approvazione entro la fine di dicembre. Ma appare chiara l’impossibilità di superare l’impianto della legge Fornero.
Il sistema attualmente in vigore di calcolo del rateo pensionistico è quello contributivo, introdotto nel lontano 1996 dalla riforma Dini e perfezionato nel 2012 dalla legge Fornero. Precedentemente era un vigore un sistema retributivo molto più vantaggioso per i lavoratori, ma oneroso per le casse pubbliche. Proprio sul tema della scarsità delle risorse si arenano tutti i tentativi di modificare la legge Fornero.
Attualmente i sistemi che consentono ai lavoratori dipendenti e autonomi di andare in pensione sono numerosi e hanno caratteristiche diverse se il lavoratore ha versato contributi a partire dal 1996 o se ne ha versati a sufficienza anche negli anni precedenti. Per i contributivi puri, cioè per quanti hanno versato solo a partire dal 1996 gli anni di contributi necessari sono 20, con un età minima di 67 anni e un valore dell’assegno pensionistico lordo mensile pari a 1,5 volte l’assegno sociale.
Altrimenti per chi ha contributi versati solo dopo il 1996, c’è la possibilità di andare in pensione a 71 anni di età, con 5 anni di contributi versati a prescindere dal valore dell’assegno pensionistico. È possibile andare in pensione anche prima con la pensione anticipata ordinaria, per questa servono 64 anni di età, almeno 20 anni di contributi e un assegno pensionistico pari a 2,8 volte l’assegno sociale.
Altra opzione per i lavoratori è il raggiungimento di 42 anni e 10 mesi di contributi (se uomini) e 41 anni e 10 mesi (se donne) a prescindere dall’età e dall’assegno percepito. Questa possibilità è valida sia per il contributivi puri che per chi ha anzianità contributiva precedente il 1996 (sistema misto). Esistono poi in vigore, ma potrebbero essere modificate, altre soluzioni per anticipare l’uscita dal lavoro.
C’è quota 103, per la quale occorrono 62 anni di età e 41 anni di contributi versati. C’è poi Opzione Donna per la quale occorrono almeno 35 anni di contributi e almeno 60 anni di età (ridotti a 58 o 59 in presenza di figli), riservata a categorie particolari di lavoratrici (caregivers, invalide, disoccupate). Esiste l’Ape sociale, riservata a categorie deboli per la quale servono 30, 32 o 36 anni di contributi a seconda la categoria di appartenenza, con almeno 63 anni compiuti.
Ci sono poi delle possibilità per i lavoratori precoci, con lavoro iniziato prima del 19 anni di età, 41 anni di contributi, per gli occupati in mansioni usuranti e notturne (35 anni di contributi). Infine da ricordare i contratti di espansione e la isopensione scivoli verso in raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia, per categorie particolari di lavoratori.
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