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Politica

Mar Rosso, cosa sappiamo della missione a cui parteciperà anche l’Italia

Dopo il moltiplicarsi degli attacchi ai mercantili commerciali da parte dei ribelli houthi, Washington ha annunciato un’operazione per difendere la navigazione. Roma contribuirà con una fregata

 

 

Ci sarà anche l’Italia nella coalizione promossa dagli Stati Uniti per difendere la navigazione nel Mar Rosso, un’iniziativa lanciata dopo il moltiplicarsi degli attacchi ai mercantili in transito messi a segno dai ribelli yemeniti houthi come rappresaglia all’offensiva lanciata da Israele sulla Striscia di Gaza. Roma parteciperà con una fregata all’operazione ribattezzata Prosperity Guardian. L’annuncio ufficiale è arrivato dopo una videoconferenza tra il ministro alla Difesa Guido Crosetto e il capo del Pentagono Lloyd Austin. “L’Italia farà la propria parte, insieme alla comunità internazionale, per contrastare l’attività terroristica di destabilizzazione degli huthi, che abbiamo già condannato pubblicamente, e per tutelare la prosperità del commercio e garantire la libertà di navigazione e il diritto internazionale”, ha detto il titolare della Difesa.

L’operazione Prosperity Guardian

L’invio nel Mar Rosso della Fremm (fregata europea multi-missione) Virgilio Fasan della Marina militare era in programma per il prossimo febbraio nell’ambito della missione antipirateria dell’Unione europea Atalanta, dispiegata lungo le coste del Corno d’Africa, tra il Mar Rosso, il Golfo di Aden e l’Oceano Indiano. Ma verrà anticipato per rafforzare l‘operazione lanciata da Washington, a cui hanno aderito alcuni Paesi arabi come il Bahrain e alleati Nato come Francia, Gran Bretagna, Spagna, Norvegia, Paesi Bassi, Canada, oltre alle Seychelles. L’operazione sfrutterà le missioni multinazionali già operanti nell’area, compresa la Combined Task Force 153 creata un anno fa dagli Usa per vigilare su Golfo di Aden e Stretto di Bab el-Mandeb.

Le nuove minacce dei miliziani sciiti, arrivati ora a paventare un attacco ogni 12 ore finché Tel Aviv non cesserà l’offensiva sull’enclave palestinese, hanno portato a un’accelerazione. Già domenica, vigilia di Natale, la fregata italiana dovrebbe attraversare il canale di Suez. Dotata di missili Aster 30 e 15 in grado di garantire protezione in un raggio di 100 chilometri, in futuro la Fassan potrebbe essere affiancata da una seconda nave italiana.

Crosetto: “Rischio aumento prezzi materie prime”

Durante il colloquio con il segretario Usa alla Difesa “è stata affermata l’importanza del principio di libera navigazione, valutato l’impatto sul commercio internazionale e discusse le possibili opzioni per garantire la sicurezza delle rotte marittime al fine di prevenire ripercussioni sull’economia internazionale, con pericolose dinamiche sui prezzi delle materie prime, ha spiegato Crosetto. “È necessario aumentare la presenza nell’area al fine di creare le condizioni per la stabilizzazione, evitare disastri ecologici e prevenire, inoltre, una ripresa della spinta inflazionistica” ha aggiunto il ministro.

Secondo le stime di Clarksons Research, circa il 10% del commercio mondiale via nave passa attraverso il Mar Rosso, inclusi quasi il 10% del greggio e l’8% del gas liquefatto. Sono dunque evidenti le ricadute a livello globale di un possibile blocco della rotta. “Rischiamo di ritrovarci con i porti deserti nelle prossime settimane”, ha detto il ministro.

Gli houthi: “Operazione inutile, gli attacchi proseguono”

I ribelli filo iraniani però non sembrano dissuasi dall’annuncio di Washington. Ieri Mohammed al Bukhaiti, uno dei leader degli huthi, su X ha garantito che l’offensiva nel Mar Nero proseguirà. “Gli Stati Uniti possono fare quello che vogliono, ma le nostre operazioni militari non si fermeranno. Sospenderemo gli attacchi solo quando Israele fermerà i propri crimini e la popolazione della Striscia di Gaza riceverà cibo, medicinali e carburante”.

L’alleanza navale guidata dagli Stati Uniti è “essenzialmente inutile”, gli ha fato eco un altro portavoce del movimento yemenita, Mohammed Abdulsalam, secondo cui “i Paesi membri della coalizione sono complici d’Israele”. Tutte le acque adiacenti allo Yemen sono sicure, tranne che per le navi israeliane o per quelle dirette in Israele, a causa della “ingiusta guerra di aggressione contro la Palestina”, ha rassicurato alla Reuters.

Si cambia rotta

Alcune delle principali aziende del trasporto marittimo hanno già deciso di modificare le rotte delle loro navi, evitando lo stretto di Bab el Mandeb, che separa la penisola arabica dal continente africano. È il caso della danese Maersk, i cui mercantili, in attesa di una soluzione, circumnavigheranno l’Africa, passando per il capo di Buona Speranza. Stessa linea adottata dalla tedesca Hapag-Lloyd. Le navi prederanno la via più lunga per fugare il rischio di attacchi. Un cambio di rotta che prolunga i viaggi di oltre due settimane fa lievitare i costi.

Il cacciatorpediniere Uss Canrey respinge un attacco con drone degli houthi nel Mar Rosso (19 ottobre 2023) | Foto U.S. Navy/ Aaron Lau – 15giorni.it

Mar Rosso, acque sempre più agitate

Gli houthi sono entrati di fatto nel conflitto mediorientale, che minaccia di allargarsi a tutta la regione, attaccando con droni e missili le navi in transito lungo la rotta marittima da quando è iniziata la guerra a Gaza. E così le acque del Mar Rosso sono sempre più agitate, con i ribelli che moltiplicano gli attacchi nello stretto di Bab al-Mandab. Mentre molti dei raid missilistici vengono neutralizzati dagli assetti militari presenti nella zona, alcuni vanno a segno. Come accaduto la scorsa settimana, quando una petroliera norvegese è stata centrata da un missile mentre una fregata francese ha abbattuto due droni lanciati contro una portacontainer.

Lo scorso 20 novembre i miliziani sono arrivati persino ad assaltare e dirottare un mercantile, la nave Galaxy Leader, battente bandiera delle Bahamas, con a bordo 22 uomini dell’equipaggio, gestita dalla compagnia di navigazione giapponese Nippon Yusen. Il video diffuso dal gruppo yemenita mostra uomini armati che si calano da un elicottero sull’imbarcazione. Lo scorso 31 ottobre a essere preso di mira era stato lo stesso Israele, colpito da droni nel porto israeliano di Eilat sul Mar Rosso, nel sud del Paese.

Del resto anche prima del 7 ottobre, lo stretto di Bab al-Mandeb – un braccio di mare strategico – era una zona ad alto rischio nel mirino dei pirati. Senza contare che dal settembre del 2014 lo Yemen è teatro di un violento conflitto civile tra i miliziani houthi e il governo yemenita sostenuto da una coalizione guidata da Arabia Saudita e Emirati arabi uniti. Secondo le Nazioni Unite, sono oltre 350mila le vittime della guerra.

Il governo filo-iraniano di Sanaa, guidato dal leader Abdel Malek Houthi, controlla la capitale Sanaa con tutti i ministeri e la Banca centrale, oltre a vaste regioni del centro e del nord. E nel corso degli anni gli houthi ha sviluppato un arsenale militare capace di colpire con missili balistici e droni di fabbricazione iraniana obiettivi distanti anche duemila chilometri.

Nell’aprile 2022 le parti in conflitto hanno raggiunto un accordo per la tregua. Da allora il cessate il fuoco sembra reggere. È in questo contesto di relativa calma che il 10 ottobre scorso i leader houthi hanno annunciato l’entrata nel conflitto contro Israele a fianco di Hamas nel cosiddetto “asse della resistenza” guidato dall’Iran. Da allora quasi ogni giorno le forze yemenite hanno preso di mira navi cargo e petroliere dirette verso Israele.

Federica Giovannetti

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