Nel Lago di Ganzirri una cooperativa lavora ancora come nel ‘700 nell’allevamento dell’autoctona rizza, la vongola rizza dal frutto arancione carnoso e dolce
Messina è considerata la porta del continente nel continente che è la Sicilia e, mentre sullo stretto ci sono le feluche che si rincorrono per il pesce spada, a nord verso la riserva lagunare di Capo Peloro c’è una tradizione plurisecolare dell’allevamento delle vongole, che nel Lago Grande sopravvive da quasi tre secoli.
Il Lago Grande di Ganzirri e la coltura della vongola rizzaBelmond Villa Sant’Andrea
Prima della bonifica del protettorato inglese, il Lago Grande di Ganzirri di Messina era solo una serie di stagni salmastri. Nel ‘700 vennero aperti i canali per dirigere le acque verso il mare conformando due laghi capaci di invitare la popolazione a spostarsi sulla costa, che prima di allora era insalubre e pericolosa per via dei corsari.
Tutto ciò perché ci si accorse che nelle acque del Lago Grande cresceva spontaneamente un mollusco mai visto altrove, ovvero l’autoctona vongola rizza, dalle valve bianche leggermente striate, non troppo grande ma dal frutto arancione carnoso e dolcissimo (viene chiamata cutignina).
“I nostri bisnonni avevano una concessione dei Borboni. Sono stati loro a creare secche e calate ammassando pietre e spianando sabbia” afferma Lillo Mangraviti, vicepresidente della Cooperativa Lago Grande Ganzirri nonché quarta generazione di una famiglia che ha addomesticato, curato e poi messo a frutto il Lago tutto.
Sembra che il tempo si sia fermato e ogni giorno, il lavoro del cocciularo non è diverso da allora. “Nemmeno gli strumenti sono cambiati, se non per i materiali un po’ più resistenti. Abbiamo semplicemente constatato che in un altro modo non funziona” continua Mangraviti.
Prima di tutto c’è la pulizia delle acque, che avviene attraverso la rimozione di alghe e infiorescenze che levano ossigeno. “Le vendiamo all’industria farmaceutica e intanto teniamo le acque salubri e piene di plancton. L’obiettivo è far arrivare ai molluschi tanto nutrimento e lasciarli crescere in modo naturale” commenta Mangraviti.
La seconda operazione riguarda il setacciamento delle rive con rastrelli a diverso calibro, per recuperare le vongole fecondate e suddividerle tra le locali rizze che si trovano a un centimetro e mezzo sotto la sabbia. “Poi ci sono le femminiedde, ovvero le telline e, più giù, le grosse cocciule veraci”.
I molluschicoltori, suddivisi per famiglie, le trasferiscono poi nelle secche centrali, dove crescono fino a un anno, per poi passare alla stabulazione (un giorno di spurgatura) che avviene nel Lago Piccolo, dedicato all’allevamento semindustriale delle cozze.
“Tra poco potremo chiedere per i nostri prodotti anche la denominazione di origine che ci farà conoscere meglio in tutta Italia”, conclude Mangraviti.