Violenza urbana, danneggiamenti e saccheggi da parte di un’intera generazione sono le conseguenze delle proteste in Francia, una nazione in rivolta.
Una nazione in rivolta, proteste in Francia ma non solo, organizzate via social media da giovanissimi, per esternare in modo evidente e anche molto violento temi di discriminazione, difficoltà economiche e percezione dell’autorità.
Sei giorni di scontri e proteste violente in Francia, cosa sta succedendo?
Il 27 giugno 2023, alle 8.30 del mattino, due agenti di polizia su una motocicletta fermano un’auto per un controllo a Nanterre, un sobborgo di Parigi. A bordo dell’auto ci sono tre ragazzi, tra cui Nahel, il conducente di diciassette anni, che muore poco dopo essere stato colpito da un proiettile sparato da uno degli agenti.
Inizialmente, la polizia fornisce una versione dei fatti smentita poche ore più tardi da un video pubblicato sui social media da cui si vede chiaramente, e in modo inequivocabile, l’auto del ragazzo, con un agente che punta la pistola verso di lui gridando: “Ti spareranno in testa”. L’auto riparte lentamente e si schianta poco dopo contro un palo.
In seguito, il 29 giugno, la procura di Nanterre apre un’inchiesta per omicidio volontario nei confronti del poliziotto di 38 anni che ha sparato a Nahel e lo pone in custodia cautelare.
La madre di Nahel, Mouna, ha organizzato una marcia pacifica per rendere omaggio a suo figlio. Tuttavia, in tutta la Francia si sono registrati violenti scontri, saccheggi e tensioni. In quattro notti sono stati effettuati più di mille arresti, con agenti feriti e danneggiamenti a molti edifici.
Le proteste in Francia: saccheggi e violenza urbana
In Francia si sta verificando una vasta protesta che, dalla periferia si sta spingendo nei centri delle città. Presi di mira numerosi centri commerciali, supermercati e negozi ma anche carceri, caserme, municipi e commissariati. Il numero degli arresti è in salita, con numerosi feriti sia tra i protestanti che tra le forze dell’ordine.
Nonostante le aspettative di un’eventuale dichiarazione dello stato d’emergenza da parte di Macron, il presidente si è invece rivolto alle famiglie dei minorenni coinvolti nei disordini, chiedendo di tenerli al sicuro a casa. Anche i responsabili dei social media, dove i gruppi di attivisti si coordinano, sono stati esortati a prendere le loro responsabilità.
Nel frattempo, il governo, temendo ulteriori episodi di violenza, ha deciso di schierare mezzi blindati e di annullare concerti, eventi pubblici, feste di quartiere e ridurre gli orari dei trasporti pubblici, che termineranno alle 21. Moltissime sono state anche le disdette a carico delle strutture alberghiere, con un’interruzione del turismo.
Il movimento di protesta dei giovanissimi
Le banlieue, dove si sono verificate le prime proteste violente, sono abitate perlopiù da persone con forti difficoltà economiche. Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica, il reddito medio disponibile per famiglia è di molto inferiore a quello delle altre città. Più della metà dei bambini di questi quartieri vive in condizioni di povertà e il tasso di disoccupazione è anche molto elevato, con il 18,6% della popolazione attiva disoccupata nel 2020, rispetto all’8% a livello nazionale.
Il movimento di protesta nelle banlieue è principalmente guidato da giovani minorenni, con un’età media di 17 anni. Il governo francese sottolinea come i minorenni siano organizzati ed interconnessi tra loro, soprattutto attraverso l’uso dei social media, soprattutto di Snapchat, e capaci di spostarsi rapidamente da una zona all’altra, per incendiare ed effettuare saccheggi nei negozi.
La partecipazione attiva dei minorenni è guidata principalmente da una serie di motivazioni tra cui discriminazione, difficoltà economiche e percezione dell’autorità. Anche il ministro della Giustizia francese, Éric Dupont-Moretti, ha richiamato alla responsabilità i genitori, intensificando la sorveglianza sui social media e mettendo in atto azioni per affrontare le questioni socioeconomiche presenti nelle banlieue.
Molti di questi giovani sono studenti delle scuole superiori, frequentano corsi di formazione professionale o lavorano come baristi. Da quando è iniziata la protesta, sono stati arrestati oltre 3.300 manifestanti.
Secondo le statistiche francesi, le cause dell’indignazione sono le condizioni economico-sociali e la percezione dell’autorità. Circa il 23,6% della popolazione dei quartieri svantaggiati non è nato in Francia, rispetto al 10,3% del resto del Paese. Secondo un rapporto del Défenseur des droits, un giovane di origine nera o araba ha 20 volte più probabilità di essere fermato rispetto agli altri. La morte di Nahel, di origine algerina, ha colpito la Francia toccando la questione della discriminazione.
Le rivolte si propagano da Losanna a Bruxelles
La Svizzera è stata coinvolta nella protesta violenta che si è scatenata nei giorni scorsi. Si sono verificati episodi di violenza urbana, con danneggiamenti e saccheggi di numerosi negozi. Erano circa 200 le persone che le forze dell’ordine si sono trovate ad affrontare quando sono intervenute in assetto anti sommossa.
Nel frattempo, anche in Belgio, si sono verificati nuovi episodi di protesta e numerosi fermi in seguito alle violenze esplose nelle banlieue francesi. Nella zona centrale di Ixelles sono state fermate 35 persone, di cui 31 minorenni, che, dopo essersi organizzate tramite i social network, si sono radunate nella piazza di Louise, di fronte al Palais de Justice, con l’intento di disturbare l’ordine pubblico. I fermi amministrativi sono stati effettuati per consentire l’identificazione dei giovani, successivamente affidati ai genitori. Nei giorni precedenti, le tensioni erano già arrivate in Belgio con alcune proteste nella zona sud del centro di Bruxelles, vicino alla Gare du Midi, che avevano portato a 94 fermi, per lo più minori.