Kenya presto in guerra contro i diritti LGTB: potrebbe seguire l’esempio dell’Uganda

L’esempio dell’Uganda potrebbe fare scuola in Kenya nella lotta ai diritti LGBT: ecco cosa sta succedendo nell’Africa Orientale e perché dovremmo preoccuparcene

Anche il Kenya potrebbe unirsi all’elenco dei Paesi dell’Africa Orientale che combattono una guerra contro i diritti LGBT+. Una notizia ferale, ma che sembra confermata da ciò che un membro del parlamento, Mohamed Ali, dichiara: gli africani gay non esistono. Una frase che racchiude un mondo intero, come fa notare Reuters, e a cui si aggiunge la convinzione di Ali che l’omosessualità sia un’invenzione occidentale imposta all’Africa. In pratica, gli africani apertamente gay sarebbero solo dei bugiardi in cerca di visti per l’Occidente o di denaro da parte di gruppi che difendono i diritti LGBT+.

Ali lo ammette senza peli sulla lingua: non vede l’ora di seguire l’esempio dell’Uganda, assicurando una violenta repressione legislativa che cancelli le persone omosessuali (e non solo) dal Kenya. Non vede l’ora di votare perché accada. Dichiarazioni che fanno male e che arrivano proprio a pochi giorni di distanza dalle orribili e violente leggi anti-LGBT promulgate e approvate proprio dall’Uganda. Ecco cosa ci si aspetta che accada.

Il Kenya presto in guerra contro i diritti LGBT: il tragico esempio dell’Uganda

Il Kenya è quindi pronto ad approvare un disegno di legge che arriverà a punire il sesso gay con il carcere o addirittura con la morte. Sono ben due i legislatori che stanno sostenendo questa bozza in parlamento, mentre le stesse leggi barbare stanno per diventare realtà anche in Tanzania e in Sud Sudan. Insomma, in Africa Orientale si sta riversando la peggior ondata legislativa anti-LGBT di sempre, guidata da presunte motivazioni etiche: salvare i valori e la sovranità dell’Africa, a loro dire martoriati dalle pressioni occidentali per capitolare sui diritti degli omosessuali.

Foto di una mano con disegnato un arcobaleno
Foto | Unsplash @AlexanderGrey – 15giorni.it

Così si attende con orrore la bozza del disegno di legge keniota, pensato per “proteggere la famiglia”. Nel dettaglio, prescriverà che il sesso gay venga punito con almeno 10 anni di carcere, mentre l'”omosessualità aggravata”, che include il sesso gay con un minore o un disabile o quando viene trasmessa una malattia terminale, comporterà la pena di morte senza possibilità di appello. Un intervento che renderà orribile e spaventosa la vita dei kenioti omosessuali. La comunità LGBT internazionale, ovviamente, teme il peggio e si mobilita per tentare di portare l’attenzione pubblica sul problema.

Non pare ci sia possibilità di apertura al dialogo, però: in un dibattito in parlamento avviato da Ali a marzo sul vietare discorsi o pubblicazioni che promuovono relazioni omosessuali, più di 20 legislatori si sono espressi a favore. Nessuno contro. Qualcuno ha addirittura chiesto una legislazione che inasprisca le pene per gli atti omosessuali, proponendo addirittura l’impiccagione. L’autore del disegno di legge keniota, il legislatore Peter Kaluma, ha anche dichiarato che la spinta ad approvare una legge simile a quella dell’Uganda è stata in parte motivata dalla solidarietà con il suo vicino, così da affrontare insieme le critiche e le restrizioni Usa.

Non importa quanto dura sarà la reazione dell’occidente perché, come dice Kaluma, l’intenzione è di approvare legislazioni simili in tutta l’Africa. Il terrore intanto serpeggia in Kenya, che fino ad ora era considerato un luogo più o meno sicuro per gli omosessuali in Africa orientale poiché l’unico Paese della regione a ospitare rifugiati in fuga dalle persecuzioni omofobe. Presto, purtroppo, non sarà più così.

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