I pm di Lodi vogliono fare luce sulla morte della ristoratrice finita al centro della bufera social per una recensione alla sua pizzeria
Probabilmente non ha retto alla valanga che l’ha travolta via social, alle insinuazioni di una indignazione posticcia fatta solo per pubblicizzare il proprio locale. Ne sembrano convinti i pm di Lodi, che procedono con l’ipotesi di istigazione al suicidio per fare luce sul caso di Giovanna Pedretti, la ristoratrice di Sant’Angelo Lodigiano, prima eroina assurta agli oneri delle cronache per una replica esemplare a una recensione omofoba e poi caduta in disgrazia fino al tragico epilogo con il ritrovamento del suo corpo privo di vita sulle rive del Lambro.
La Procura intende chiarire se la bufera social che l’ha investita abbia influito sul gesto estremo. Il fascicolo, al momento senza indagati, consentirà nei prossimi giorni di svolgere gli approfondimenti e gli accertamenti tecnici necessari. I carabinieri in particolare indagano per risalire all’identità del computer o dello smartphone dai quali è partita la recensione online di un cliente della pizzeria Le Vignole che ha dato il via al caso mediatico. I militari chiederanno a Google una risposta per fugare ogni dubbio.
Le indagini procedono anche per chiarire ogni aspetto su quanto accaduto la scorsa domenica, quando la donna si sarebbe tagliata le vene dei polsi per poi gettarsi nelle acque del Lambro, senza lasciare biglietti di addio che possano spiegare le ragioni del gesto.
Intanto Selvaggia Lucarelli, dopo gli insulti e le minacce di morte ricevuti su X, fa saper che “per un po’” si prenderà una pausa da X. Non prima di aver respinto al mittente le accuse di quanti la ritengono responsabile della morte di Giovanna Pedretti. La giornalista infatti aveva rilanciato i dubbi del compagno, l’influencer Lorenzo Biagiarelli, sull’autenticità del post pubblicato su Facebook dalla ristoratrice. Dopo la morte della donna, entrambi sono stati accusati di aver alimentato “odio social” e “shitstorm”, una campagna di fango contro la 59enne.
Lucarelli tira in ballo il “ruolo della stampa” e invita a “domandarsi perché una notizia irrilevante e pure falsa era” sulle home page di tutti i quotidiani. La risposta, sostiene, è che “si preferisce scaricare le colpe più genericamente sui social brutti e cattivi”. Rivendica l’operazione di “debunking”, ovvero lo smascheramento della presunta notizia falsa. “Se ogni persona che tenta di ristabilire la verità in una storia, grande o piccola che sia, dovesse temere questo epilogo, a quel punto dovremmo chiudere tutto, giornali e social”.
La giornalista nega ci sia stata una “gogna” mediatica contro la ristoratrice per poi concludere che della “signora morta non importa nulla a nessuno. Ognuno la sta usando per banchettare alla sua tavola. La politica. I colleghi a cui stavo poco simpatica. I giornali stessi”.
Prima accusatrice di Lucarelli è la figlia di Giovanna Pedretti: “Cerchi pure la sua prossima vittima. L’accanirsi è pericoloso. Grazie cara ‘signora’ per aver massacrato per via mediatica la mia mamma. Cerchi pure la sua prossima vittima”, ha scritto su Instagram Fiorina D’Alvino.
Sulla stessa linea la cugina della donna. “Il ristorante era sì la sua vita, è stata bastonata. Ma per che cosa, poi? Per delle stupidaggini. C’è chi fa peggio, molto peggio. Però portare una persona al suicidio per certe cose”, è il commento amaro di Angela Giulia.
Tutta la famiglia chiede attraverso il proprio avvocato una “tregua” alla stampa. “Figlia, marito e madre di Giovanna Pedretti si sentono sotto assedio, trovandosi ogni volta che escono di casa qualche cronista che li attende in strada per fare domande. Stanno vivendo un enorme dolore, la loro richiesta alla stampa è di dare tregua, di rispettare la sofferenza di una famiglia, in attesa che dalle indagini arrivino elementi più solidi”.
La titolare della pizzeria aveva condiviso sulla pagina Facebook del locale gestito con il marito una recensione omofoba e discriminatoria che, aveva sostenuto, era stata pubblicata e poi cancellata da un utente su Google. Un cliente della pizzeria lamentava il fatto di aver cenato accanto a un tavolo con una coppia omosessuale e un ragazzino con disabilità. “Mi hanno messo a mangiare di fianco a dei gay. Non mi sono accorto subito perché sono stati composti, e il ragazzo in carrozzina mangiava con difficoltà. Mi spiaceva ma non mi sono sentito a mio agio. Peccato perché la pizza era eccellente e il dolce ottimo ma non andrò più”.
Da qui la replica della titolare, che nel ristorante aveva promosso iniziative solidali come la “pizza sospesa” per le persone con disabilità. “Il nostro locale è aperto a tutti e i requisiti che chiediamo ai nostri ospiti sono l’educazione e il rispetto verso ognuno. Le sue parole di disprezzo verso ospiti che non mi sembra vi abbiano importunato mi sembrano una cattiveria gratuita e alquanto sgradevole”. E poi l’invito definitivo: “A fronte di queste bassezze umane e di pessimo gusto… credo che il nostro locale non faccia per lei. Non selezioniamo i nostri clienti in base all’orientamento sessuale e men che meno la disabilità. Le chiedo gentilmente di non tornare da noi a meno che non ritrovi in sé i requisiti umani che nel suo atteggiamento sono mancati”.
Della recensione, che risalirebbe alla scorsa estate, la ristoratrice aveva fatto uno screenshot. Un elemento, questo, che ha destato sospetti sull’autenticità del testo in alcuni utenti dei social, compresa Selvaggia Lucarelli che ha rilanciato l’ipotesi di “un grossolano fotomontaggio” e di “un’operazione di marketing spacciata per eroica difesa di gay e disabili”. Sul web dunque è iniziata a circolare l’idea del falso, poi debordata su stampa e tv.
Al plauso per la lezione di civiltà sono ben presto subentrate le accuse di aver montato un caso per fare pubblicità al locale. La donna intervistata dal Tg3 sul punto è apparsa in difficoltà: “Non vorrei essere caduta in una trappola“, ha detto ripetendo di “non avere una risposta”. E così da eroina, la donna è finita al centro della “gogna mediatica”, di cui forse non ha retto il peso.
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