Dal Sigep l’allarme del comparto che produce macchine, componentistica e arredi per la produzione del gelato: vale 750 milioni
Intorno al gelato italiano gira una filiera da oltre 3 miliardi di Euro che si è data appuntamento recentemente al Sigep di Rimini, a cui hanno partecipato oltre 500 buyer da 84 Paesi e 1200 brand espositori da 35 nazioni, anche nei settori dei dolci, della panificazione e del caffè.
In tutto ciò, l’Italia (in particolare una ventina di selezionate aziende) detiene un primato mondiale nella produzione di macchine, componentistica e arredi per le gelaterie e le pasticcerie. Questo comparto, aderente a Acomag e che fattura 750 milioni di Euro, vale infatti l’85% del mercato mondiale delle attrezzature per le gelaterie: un record che pochissimi settori della manifattura italiana possono vantare.
Tra queste aziende spicca il nome forse più celebre, quello della Carpigiani (da sola copre il 35% di questo mercato) ma tutte le Pmi del comparto esportano massicciamente perché le gelaterie che ogni anno aprono in tutto il mondo – oltre 100mila – si ispirano al mood italiano.
In onore del Made in Italy tra innovazione ed efficienza
Per avere un gelato, un ice cream, un sorbetto, uno spaghetti ice oppure un fettucine ice di qualità, solo le migliori possono attrezzarsi di impianti, macchine, vetrine di conservazione e arredi Made in Italy che, tra l’altro, sono una sintesi tra le super tecnologie di produzione, mantecazione, conservazione e di design.
Molte macchine e molti arredi hanno ricevuto premi in tutto il mondo, come la IFI per esempio, insignita anche di due prestigiosi Compassi d’Oro.
Dietro questo 85% ci sono l’affidabilità, la flessibilità e i contenuti consumi di elettricità e di acqua delle attrezzature: il made in Italy costituisce oggi per una gelateria, sia per l’interno che per il dehor, un marchio di qualità che viene spesso esibito anche con un nome italiano a volte liberamente interpretato come per esempio la catena ungherese Gelarto Rosa.
A Shanghai le catene cinesi di maggior successo si chiamano Bonus Gelato, in Australia Gelatissimo e Terra, per arrivare sino ai Grande Gelato Gay di New York, eccentrici punti vendita dotati di soft-service aromatizzati con il trionfo della Nutella ice accanto ai sorbetti piccantissimi al pepe di Cayenna.
I sapori e i profumi che il Sigep lancia ogni anno sono tantissimi e sorprendenti, ma solo la straordinaria flessibilità dei macchinari multitasking italiani trasforma questi ingredienti tanto diversi in una sintesi di sapori di successo.
Altrimenti uscirebbero mix di gusto perlomeno improbabile. E poiché si tratta anche di impianti particolarmente energivori – la conservazione sottozero richiede potenze elettriche enormi – al Sigep si sono visti impianti che riducono i consumi e diventano il riferimento mondiale dell’ecosostenibilità, come nel caso della Carpigiani che risparmia acqua e elettricità sino al 30%, minimizzando gli sprechi. Vengono infatti introdotti controlli automatici smart che non richiedono più continui interventi manuali.
Importantissimo requisito è poi la facilità d’uso poiché l’erogazione deve essere veloce, automatica, senza che la catena della qualità decada. Ecco dunque che la gamma dei mantecatori, pastorizzatori, dei tini di maturazione multifunzione e delle macchine Innova vanta una elevata sintesi di meccatronica per facilitare e fluidificare il controllo e la gestione dell’operatore.
Le Flashmachines Q-Frozen – geniali invenzioni di Mauro Cappelli – che hanno accelerato e sintetizzato tutte le operazioni per la produzione e il servizio del gelato, sono ora disponibili nella versione self service a gettoni.
E possono erogare anche versioni senza glutine o senza lattosio, con poco zucchero, meno grassi. Più in generale il made in Italy di questi gioielli della tecnologia sono in grado di personalizzare in real time il gelato con l’aggiunta di ingredienti freschi o speciali e rari proprio durante l’erogazione.
Gelato: export a rischio con le nuove regole Ue
Ma il tema centrale di molti eventi e presentazioni a Rimini, che sta creando notevoli incertezze e preoccupazioni proprio tra i produttori degli impianti e dei macchinari è, come ha confermato Marco Cavedagni, presidente di Acomag, il nuovo Regolamento europeo F-Gas.
“Entrerà in vigore molto presto, entro febbraio, ed ha l’obiettivo di ridurre in tempi vicinissimi le emissioni di gas fluorurati ad effetto serra. Un obiettivo che noi per primi da anni intendiamo raggiungere tanto che già qui al Sigep sono state presentate nuove linee di macchinari che usano i gas naturali come richiesto dal Regolamento. Ma i tempi previsti per l’adeguamento sono improponibili, perché tutto deve avvenire entro il 1° gennaio 2025 e quello che più preoccupa è che sarà proibita anche l’esportazione delle attuali attrezzature in Paesi dove tra l’altro non esiste e non esisterà nessun divieto, dove non vogliono né vorranno avere impianti con i nuovi gas altamente a rischio, come il propano o ad alta pressione. Con il rischio altamente probabile di vedere i competitor stranieri aggiudicarsi quei mercati che oggi comprano il made in Italy”.
Un danno enorme e che solo l’intervento dei governi potrebbe allontanare: il rischio riguarda non soltanto il comparto dei gelati ma anche altri settori manufatturieri professionali che impiegano gas fluorurati. Così scende in campo anche Efcem -Confindustria, di cui fa parte Acomag, perché anche l’export degli apparecchi professionali per la ristorazione, il food e l’hospitality ha gli stessi problemi.
Si tratta, oltre che dell’ampia gamma di macchine per il gelato, anche di quelle per la refrigerazione, gli abbattitori,i fabbricatori di ghiaccio e le attrezzature che raffreddano e scaldano in sequenza.
Tutti comparti che esportano oltre il 70% anche perché spesso le vendite riguardano non singoli apparecchi ma l’offerta completa lavaggio-preparazione-conservazione-cottura.
“Nessuna azienda italiana è contraria alle misure che dal 2014 l’Europa ha intrapreso – dichiara Andrea Rossi, presidente di Efcem a Food24 – per l’abbattimento dell’effetto serra e per l’efficientazione degli impianti. Anzi, siamo sempre stati in prima linea su questa scelta. Ma i tempi necessari per cambiamenti molto costosi e complessi di intere filiere di componentistica e prodotti finiti sono ben altri, non certo pochi mesi. In altre occasioni, i regolamenti entrati in vigore dal 2014 abbiano sempre previsto tempi nettamente più lunghi, di 6 – 7 anni. E stiamo ancora, per così dire, litigando con chi intende imporre queste regole. Per questo occorre una proroga di quattro anni. Non appena entrerà in vigore, chiediamo che il governo italiano cominci l’iter previsto dal Regolamento per le obiezioni e le deroghe assolutamente necessarie”
È stato chiesto agli esperti del settore e società di engineering cosa significhi, in termini di oneri finanziari, sostituire le linee di produzione con quelle nuove, richieste per far funzionare impianti e macchine in modo ineccepibile e sicuro – si tratta di gas altamente infiammabili, posti in locali pubblici -. La risposta è stata che anche una sola linea sfiora o supera i 500mila euro (e gli hub del settore ne hanno di più).
“Noi intendiamo competere ad armi pari – conclude Rossi – e la richiesta che inoltriamo al governo riguarda non la legittimità di una transazione green sulla quale siamo da anni in prima linea, ma la necessità di competere con le necessarie tecnologie in termini prima di tutto di una filiera di componentistica come la nostra. E considerando anche la complessità delle certificazioni e della formazione necessaria del personale a contatto, in locali pubblici, con gas infiammabili. Pensiamo per esempio anche agli ospedali”.