Il Covid ha tre nuove varianti, si chiamano Eris, Arturo e Pirola. Ognuna di loro ha caratteristiche specifiche: proviamo a conoscerle meglio.
La pandemia sembra essere per molti già diventata un lontano ricordo. Le chiusure forzate, il lockdown, le paure sono state sostituite, finalmente, dal ritorno alla normalità tanto atteso. Nel mondo della medicina, però, si tende ad apprendere da ciò che è stato per essere poi pronti ad affrontare ciò che sarà. Per questo motivo il Covid resta un osservato speciale e ogni sua variante viene presa in grande considerazione. Ne vengono analizzati gli aspetti, le possibili evoluzioni, gli effetti sull’uomo e tutto quanto possa tornare utile per affrontarla e per prevenire nuove epidemie così mortali. Negli ultimi mesi sono state tre le varianti a guadagnarsi attenzione. Stiamo parlando di Eris, Arturo e Pirola. Al momento non sembrerebbero esserci motivi per preoccuparsi più del previsto, ma proviamo a conoscerle meglio.
La più “vecchia” dal punto di vista temporale è la variante Arturo. È stata rilevata in 21 Paesi a partire dal 27 marzo. È, poi, catalogata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “variante di interesse” a metà aprile. Prende il nome “Arcturus” dalla stella più luminosa dell’emisfero celeste settentrionale. I suoi sintomi si differenziano dal Covid “tradizionale” per la presenza di febbri più alte del solito, ma anche di tosse e congiuntivite pruriginosa. Arturo non sembra comunque essere più pericoloso di altri precedenti ceppi di Covid-19, anche se risulta, di contro, essere maggiormente contagiosa. L’Oms reputa “bassa” la “gravità” e le “considerazioni cliniche per la variante”. Tuttavia, ha un’ulteriore mutazione nella proteina spike, che mostra “un’elevata forza di evidenza per un aumento del rischio di trasmissione e una moderata forza di evidenza per la fuga immunitaria“, ha affermato l’Organizzazione.
Dopo Arturo, a manifestarsi è stata la variante Pirola. I sintomi sono quelli classici del Covid: febbre alta, tosse, raffreddore e perdita del senso del gusto o dell’olfatto. “Attualmente non desta particolari preoccupazioni, ma serve attenzione, considerate le sue caratteristiche e le molte mutazioni – ha spiegato Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma ad Adnkronos – Questa variante è stata posta sotto l’attenzione dall’Organizzazione mondiale della sanità, perché era stata trovata in differenti Stati, senza però che ci fosse un nesso epidemiologico, ovvero un legame con spostamenti di persone infettate. In ogni nazione in cui è stata isolata – e a sabato erano 10 Paesi, quindi molto pochi – sembra essere a se stante“.
È comunque ancora presto per capirne il reale “valore”. Resta sotto controllo da parte della comunità scientifica.
A chiudere il trittico delle nuove varianti Covid c’è Eris. Eris, insieme ad Arturo, è la variante più diffusa nel mondo in questo momento. La variante Covid EG5 è stata ribattezzata Eris, come il pianeta nano scoperto nel 2003 nel nostro sistema solare, chiamato così in onore dell’antica dea greca della discordia. I sintomi di questa variante sono mal di gola, naso che cola o chiuso, tosse secca,mal di testa, tosse grassa, voce rauca, dolori muscolari e articolari e alterazioni del senso dell’olfatto. Non è, invece, presente la febbre. Dai primi studi, comunque, sembrerebbe che Eris non sia più aggressiva o pericolosa delle altre mutazioni.
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