L’ambiente scientifico riconosce che un consumo eccessivo di cibi processati può portare a effetti negativi per l’uomo. La dipendenza è uno di questi? Vediamo cosa è stato scoperto nel recente passato, quando nuovi dati hanno portato alla luce alcune rivelazioni molto interessanti
È ormai dimostrato come un consumo troppo elevato di cibi processati o ultra-processati possa comportare dei rischi per la salute umana.
Mangiare quotidianamente troppi alimenti lavorati non fa bene al nostro organismo e può portare nel tempo a peggiorare le proprie condizioni di salute generale.
La comunità scientifica, infatti, ha dimostrato che un eccessivo consumo di cibi pronti, confezionati e che hanno subito già molte lavorazioni industriali differenti possono aumentare il rischio di tumore del colon, oltre che provocare altri disturbi, anche gravi.
Uno di essi è la dipendenza. Vediamo perché.
I cibi processati sono tutti quegli alimenti che vengono prodotti grazie all’unione di ingredienti non processati e di ingredienti processati.
Ciò avviene quando il cibo è sottoposto a molteplici metodi di preparazione industriale, quali la cottura, per esempio, o la fermentazione non alcolica.
L’insieme di questi processi di preparazione serve ad aumentare la conservabilità del prodotto finale nel tempo, oltre che a modificarne le caratteristiche al palato, alla vista e all’olfatto.
Alcuni alimenti vengono quindi processati per durare più a lungo ed essere più attraenti e attrattivi per l’uomo.
Legumi in scatola, pesce in scatola, frutta secca, formaggi, pane, sciroppo di frutta, vino e birra, sono solo alcuni esempi di cibi processati.
Come descritto dalla Harvard Medical School, a considerarsi non processati o minimamente processati sono soltanto quei cibi che si presentano integri, ovvero naturali o con pochissimi cambiamenti rispetto al loro stato originale.
Già il solo aggiungere dell’olio o del sale durante la lavorazione industriale di alcuni alimenti li porta a essere considerabili come cibi processati.
Qualora gli ingredienti aggiunti fossero in numero maggiore o prevedano l’elaborazione di sostante estratte da alimenti più semplici, si potrebbe parlare addirittura di cibi ultra-processati.
Un esempio, in questo caso, sono le bevande zuccherate, gli hamburger e le patatine fritte presenti nei fast food, torte e merendine confezionate.
Tutti alimenti il cui consumo eccessivo comporta rischi, anche gravi, per la salute umana.
Si tratta, infatti, di cibi generalmente ricchi di zuccheri aggiunti e grassi, i quali contribuiscono ad alterare il microbiota intestinale e all’aumento di peso o all’obesità.
Fondamentale è, quindi, leggere l’etichetta prima di acquistare un qualunque cibo al supermercato, così da capire se esso sia stato processato o meno.
Generalmente, in presenza di cibi non processati, l’unico ingrediente riportato sull’etichetta alimentare è l’alimento stesso.
Tutto ciò che vi è in più indica che quel cibo è stato lavorato e, quindi, processato.
Medici e ricercatori sconsigliano sempre un uso smodato di tali alimenti, ricordando come alla base della dieta di ogni individuo ci debba sempre essere un largo consumo di cibi freschi e salutari.
Secondo vari studi, infatti, le abitudini alimentari sono associate direttamente al rischio di mortalità.
Per questo, è fondamentale prestare sempre grande attenzione a ciò che si mangia e, soprattutto, in quale quantità e con quale frequenza.
A ribadirlo è anche uno studio pubblicato qualche anno fa sul British Medical Journal e spiegato da Marialaura Bonaccio, prima autrice dell’articolo in questione:
“I risultati da noi ottenuti confermano che il consumo di alimenti di scarsa qualità nutrizionale o di cibi ultra-processati aumenta in modo rilevante il rischio di mortalità, in particolare per le malattie cardiovascolari, ma anche per i tumori. Quando abbiamo tenuto conto allo stesso tempo sia del contenuto nutrizionale della dieta sia del grado di lavorazione industriale dei suoi componenti, abbiamo scoperto che quest’ultimo aspetto è quello più importante per il rischio di mortalità. Oltre l’80% degli alimenti classificati come non salutari dal cosiddetto Nutri-Score [in Italia, ndr] è anche ultra-processato. I risultati ottenuti suggeriscono, dunque, come il rischio di mortalità aumenti non solo per la bassa qualità nutrizionale di alcuni prodotti, ma anche per la loro eccessiva elaborazione”.
Un altro rischio per la salute dell’uomo è la dipendenza che i cibi processati creano.
A dimostrarlo sono i dati di una ricerca i cui risultati sono stati riportati sul Guardian e che mostrano come un adulto su sette e un bambino su otto, in tutto il Mondo, siano dipendenti dal cibo processato.
Un numero che desta sicuramente preoccupazione, dal momento che il consumo eccessivo di tali cibi può portare a un aumento del rischio di sviluppare un cancro, a un aumento di peso, a malattie cardiache e anche a depressione e problemi di matrice mentale, come scoperto da studi abbastanza recenti.
Basandosi su quanto riportato dal Guardian, sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti d’America i cibi processati rappresentano oltre la metà degli alimenti presenti nella dieta media dei rispettivi abitanti.
Spesso gli alimenti più freschi e salutari hanno un costo maggiore e, per questo, molti individui sono spinti a scegliere di acquistare cibi meno cari, ma decisamente più dannosi per la loro salute.
Un circolo vizioso che, secondo i medici, si lega direttamente anche a quella che può essere definita come una vera e propria dipendenza.
Secondo parte della comunità scientifica, molte persone ricercano quotidianamente cibi pronti e processati perché il loro colore, il loro sapore e il loro odore soddisfa i propri desideri.
Ciò porta a creare una sorta di astinenza quando tali cibi non sono a disposizione.
Per questo motivo, medici e ricercatori avrebbero richiesto di apporre sulle diverse confezioni contenenti cibi processati delle etichette il cui scopo sia quello di informare i consumatori sulla capacità di creare dipendenza da parte di questi cibi.
Esattamente quello che avviene già sui pacchetti di sigarette, per intenderci.
A spiegarlo è stato direttamente Ashley Gearhardt, Professoressa di Psicologia dell’Università del Michigan, negli Stati Uniti d’America:
“Riconoscendo che alcuni tipi di alimenti trasformati hanno le proprietà di sostanze che creano dipendenza, potremmo essere in grado di contribuire a migliorare la salute globale”.
Secondo quanto riportato dalla professoressa, questa pratica potrebbe aiutare le persone e favorire anche lo studio dei cibi processati.
Un concetto sposato anche da altri suoi colleghi scienziati:
“I carboidrati o i grassi raffinati evocano livelli di dopamina extracellulare nello striato cerebrale simili a quelli osservati con sostanze che creano dipendenza, come la nicotina e l’alcol. Sulla base di questi paralleli comportamentali e biologici, gli alimenti che forniscono alti livelli di carboidrati raffinati o grassi aggiunti sono valutabili per essere considerati come una sostanza che crea dipendenza”.
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