Central di Lima dello chef Virgilio Martínez è il miglior ristorante del mondo per “The World’s 50 Best Restaurants 2023”. Conosciamolo meglio
Per la prima volta nella storia di The World’s 50 Best Restaurants, un ristorante dell’America Latina è il migliore al mondo: stiamo parlando del ristorante Central di Lima (Perù).
Un evento storico, dal momento che la controversa graduatoria – il cui voto risulta un tantino torbido – ha premiato principalmente ristoranti europei o americani (in un’occasione).
Nell’edizione 2023 della classifica invece ha vinto il Central di Lima (Perù) che da ieri, e almeno per un anno, è il nuovo ristorante migliore del mondo.
Il ristorante Central di Lima
Virgilio Martínez, 45enne peruviano di Lima e sempre accompagnato dalla moglie Pía León, 36 anni, anche lei chef, ha impiegato un decennio per arrivare in vetta.
Nel 2013 il Central di Lima è arrivato al 50esimo posto, l’anno dopo, con un balzo significativo, si è spinto fino alla 15esima posizione e da allora la salita è stata inarrestabile, nonostante alcune battute d’arresto.
Nel 2015 il ristorante della capitale si è piazzato in quarta posizione, dove è rimasto per due anni finché nel 2017 è sceso di una posizione e nel 2018 ne ha persa un’altra, per poi risalire, nel 2021, nuovamente al quarto posto.
La pandemia ha isolato il Central di Lima, il quale vantava un buon numero di clienti stranieri (compresi i giurati di The World’s 50 Best Restaurants) e per reazione Martínez e León hanno attraversato l’Atlantico e girato la penisola iberica, dove hanno cucinato nelle case e nei ristoranti degli amici chef per presentare la loro proposta gastronomica.
L’anno scorso, nel 2022, il Centrali di Lima si è piazzato al secondo posto davanti agli spagnoli Disfrutar di Barcellona e DiverXO di Madrid, che quest’anno hanno chiuso rispettivamente al secondo e al terzo posto.
Chi era Virgilio Martínez prima di aprire il Central di Lima
Figlio di padre avvocato e madre architetta, volevano che il figlio seguisse un percorso simile al loro, ma da ragazzo, Virgilio voleva diventare uno skateboarder professionista.
Ci ha provato, ma poi una frattura alla clavicola lo ha fatto desistere, facendolo iscrivere a Giurisprudenza ma capendo fin da subito che la carriera universitaria non faceva per lui.
Pur non essendo appassionato di cucina, leggeva libri di gastronomia e voleva lasciare il Perù. Per farlo si iscrisse a una scuola di cucina in Canada, Le Cordon Bleu a Ottawa, per poi proseguire gli studi a Londra.
Qui ha lavorato all’Hotel Ritz per prendere confidenza con la cucina fino alla scadenza del visto e, nel ritorno verso Lima, ha fatto scalo a New York, dove poi è rimasto trovando posto al ristorante Lutèce cucinando piatti di riso con aragosta, millefoglie di tonno e consommé, come in seguito scriverà nel libro Central dell’editore specializzato Phaidon.
Costretto a tornare un anno e mezzo dopo nella sua città natale, Martínez iniziò a lavorare con due noti chef peruviani: Rafael Osterling, specializzato in cucina fusion asiatica e Gastón Acurio, che all’epoca si occupava di cucina francese.
Ma dopo l’esperienza al Four Seasons di Londra, Virgilio aveva bisogno d’altro e così se ne andò in Asia, dapprima girando la Thailandia, poi svolgendo uno stage presso il ristorante cinese del Four Seasons di Singapore, dove è rimasto impressionato dal mondo in cui i cuochi cinesi preparavano i dim sum – piccoli piatti cotti nei cestelli di bambù, per esempio i ravioli wanton -.
È stato da quel momento che lo chef del Central si è appassionato alle tradizioni culinarie del suo Paese che iniziava a vedere ovunque andasse: in Europa aveva visto gli ollucos, negli Stati Uniti la quinoa, il ceviche e i tiraditos.
Così tornò a lavorare con Gastón Acurio nel suo ristorante Astrid y Gastón, partecipando all’apertura della filiale di Madrid, ma cucinare peruviano in Spagna, dove gli ingredienti erano limitati, non faceva per lui, così torno in Perù.
L’apertura del Central di Lima e cosa si trova nel suo menù
Prima di aprire il Central di Lima, Martínez si prese un anno sabbatico per viaggiare in Perù, esplorando le Ande a Cuzco e Huaraz, l’Amazzonia a Pucallpa e la costa intorno a Chiclayo, scoprendo ingredienti di cui non aveva mai neanche sentito parlare.
Questo è stato il punto di partenza del Central, aperto nel 2008, in una vecchia casa di Miraflores, distretto a sud di Lima e all’inizio, per sua stessa ammissione, ha mescolato ingredienti europei e sapori thailandesi, i piatti erano “un confuso mix di sapori”.
A causa di problemi con i permessi, ha dovuto chiudere per cinque mesi e si è dimostrato un periodo che lo ha fatto riflettere su cosa significasse avere un ristorante. Risale a quel periodo il legame con la moglie Pía León, la quale lavorava come dipendente ma è rimasta al suo fianco.
Insieme hanno iniziato così a valorizzare fornitori, produttori e allevatori, ridisegnando il sito web – anche se la presenza digitale del Central di Lima non è moltissima -.
Hanno formato una squadra ben indirizzata e focalizzata sulla gestione del ristorante e il passo successivo è stato dotare il ristorante di un reparto di ricerca e sviluppo, Mater Iniciativa, concentrato sulla biodiversità peruviana.
Per quanto riguarda il menù del Central di Lima, gli chef si sono messi nei panni di chi visitava il Perù per la prima volta, per poter far percorrere al cliente il territorio attraverso la cucina.
Hanno suddiviso dunque la proposta gastronomica in livelli: dal livello del mare, al deserto e alle valli, fino a raggiungere i 4500 metri nelle Ande, lavorando con ingredienti sconosciuti come l’argilla chaco o la radice di maca; invece di affettare tartufi hanno affettato le tunte, cioè le patate liofilizzate.
Nell’orto, situato sul tetto del Central, hanno iniziato a coltivare le tuberose oxalis, conosciute come oca, le cui foglie fungono da decorazione, mentre le radici sono il vero tesoro, un ortaggio altamente nutriente.
Il mare è stato sempre presente nel menù del Central, tra ceviche, granchi, ragni di mare, anemoni rossi e stelle marine, acciughe, tonni, sgombri, sugarelli, gigli, sogliole, lize e cojinovas. Ci sono anche polpi, granchi, conchiglie e vongole.
Da tutto questo, Martínez e León ricavano i piatti che compongono i vari menu degustazione: nel piatto Ragni su roccia giocano con grossi granchi di colore arancio vivo insaporiti da alghe commestibili.
Cucinano fermenti di patate coltivate a 3.800 metri di altitudine e tin tin, una pianta rampicante che cresce sulle Ande. Il cuore di bue (spiedo con cuore di bue cotto alla brace), segno distintivo dell’identità peruviana, le capesante con radici di patata dolce, il merluzzo in tempura ribattezzato Valle Sacra. Infine i dolci con l’argilla chaco degli altopiani.
I prezzi al Central di Lima
Oggi, al Central di Lima, sono disponibili diversi menù degustazione, tra cui “Uneven Territory Experience” e “Creativity of the Day Menu”, da 12 portate ciascuno, costano 1.045 sol peruviani (al cambio, 264 € circa).
“Mundo Mater Experience” e “Mundo Creativity”, entrambi da 14 piatti, costano 1.250 sol (316 € circa) e i prezzi degli abbinamenti con i vini sono di 108 e 124 €.
Gli abbinamenti con altre bevande (fermentati, distillati e vini del Sud America), costano 115 euro e 131 euro, mentre il percorso analcolico a base di nettari, estratti e infusi con i prodotti di Mater Iniciativa costa da 56 a 70 €.