Come fare l’autentico caffè greco tra metodo e strumenti, e quali differenze manifesta rispetto all’espresso italiano
Per molti italiani è difficile comprendere – e soprattutto ammettere – che l’espresso non è l’unico caffè al mondo degno di attenzione, ma è solo uno dei tanti metodi per godersi un rituale che ha tante, tantissime sfaccettature.
Ecco il caffè greco è uno di questi ed è completamente diverso da altri cugini, ma come si fa e soprattutto quali sono le differenze rispetto all’espresso – e al caffè turco con il quale in tanti lo confondono -.
Molto semplice da realizzare, il caffè greco ha tratti in comune sia con la moka che con il caffè filtrato: spesso e molto profumato, sembra quasi denso e non c’è nessuna traccia né di bruciato né di acidità.
Quale caffè serve e come si prepara con il metodo greco
L’arabica è da scegliere di qualità e da tagliare con la robusta se piace, ma è importante che abbia la macinatura più fine possibile, da sembrare quasi cacao o sabbia umida: questa condizione è molto importante poiché il caffè bolle nell’acqua e non è poi filtrato quando lo si versa nella tazzina.
Si può usare un pentolino scalda latte di piccole dimensioni – calcolando in genere 2 cucchiaini di caffè in 50 ml di acqua, a testa – ma teoricamente si usa il briki(ibrik se fate il caffè turco), un bricco di ottone con manico con fondo largo e collo più stretto.
Il caffè va poi inserito direttamente nel briki insieme all’acqua, si mette a scaldare su fiamma molto dolce e si mescola di tanto in tanto. Nel kafeneio hanno tendenzialmente i fornelletti da campeggio e tengono la tazza al caldo.
Appena giunge al bolloreè necessario aspettare la comparsa di una bella schiuma corposa – kaimaki in greco: solo a questo punto possiamo spegnere il fuoco e versarlo nella tazza. Senza filtrarlo, senza mescolarlo. Sembrerà cioccolata.
Il fatto che sia meglio non mescolare il caffè greco una volta versato è importante perché la macinatura resta nella tazza insieme al liquido da bere, ed è meglio lasciargli il tempo di sedimentare.
Non è un problema, dato che appena pronto il caffè greco è bollente. Non solo: il tempo disteso e rilassato è un fattore chiave per apprezzarlo.
Bollire il caffè lentamente significa dargli iltempo di estrarre nutrienti e sapori che con il filtro (che sia da espresso, da moka, da cuccumella o da altro) si perdono un po’.
Dunque il caffè greco si presenta denso e scuro – meno rispetto al caffè turco, molto simile ma speziato -, con una schiuma superficiale corposa e ambrata.
Il sapore è forte, ma assicuro senza nemmeno un sentore di acidità né di bruciatura: è talmente piacevole che sembra quasi ci sia la presenza di cacao in polvere, da non crederci.
Come dolcezza di sapore è paragonabile a un eccellente cold brew o al nitro cold brew (caffè infuso a freddo con l’aggiunta di azoto).
Se decidete di mescolarlo, o lo fate sovrappensiero oppure aggiungete lo zucchero, vi troverete un po’ di caffè macinato in bocca a meno che non aspettiate 5 minuti.
Il caffè greco può essere zuccherato o no e rispettivamente prende il nome di metrios o sketos – con zuccero o senza zucchero -: il primo contiene 1 cucchiaino di zucchero a testa, che è inserito nel briki insieme a macinatura e acqua – sempre con lo scopo finale di non doverlo mescolare una volta versato.
Se si desidera un caffè particolarmente dolce ovvero con 2 o 3 cucchiaini di zucchero potete chiedere il glykis; inoltre c’è un’altra variante di caffè greco di nome vrastos glykis ed è zuccherato e bollito due volte.
Differenze rispetto al caffè italiano
Facciamo prima un po’ di storia: il caffè è materia antichissima e così bollito è pratica che deriva dallo Yemen di oltre cinquecento anni fa.
Inizialmente – quando non c’erano gas né fornelli – si procedeva su brace o piastre calde da camino. L’espresso, scelto da oltre il 90% degli italiani, deriva dall’intuizione di Angelo Moriondo che 172 anni fa brevettò la prima macchina per farlo.
Anche l’espresso, come il caffè greco, ha varianti raccontate tramite la regionalità, mentre la moka è stata invece diffusa da Renato Bialetti negli anni Trenta del Novecento.
Come anticipato, l’aspetto del caffè greco ha somiglianze sia con l’espresso (per la schiuma superficiale, anche se l’espresso è in tazzine piccole), sia con la moka (per la quantità maggiore in tazza e la densità torbida).
Il fondo residuo del caffè greco è abbondante, a differenza dell’espresso e della moka che ne hanno giusto una traccia. Alla vista è inoltre quasi del tutto simile al caffè turco, anche se questo ha una schiuma più chiara e una consistenza leggermente più allungata.
Aldilà dei gusti personali, ci sono oggettività da tenere in considerazione. Per esempio, il fatto che la stragrande maggioranza degli espresso nei bar è fatta male e il sapore che va per la maggiore è quello di bruciatoe di acidità. Se fatto bene, tuttavia, il caffè espresso è piacevolmente amaro e intenso.
Il caffè alla greca è più simile alla moka, anche se quest’ultima regala un caffè meno intenso e meno denso (non avendo macinato sedimentato).
La differenza rispetto al caffè turco sta nella speziatura, che nel greco è assente. E cosa dire dei quantitativi di caffeina? Il caffè greco, come accennato, ha spazio per aromi e nutrienti: la caffeina, quindi, è in quantità minori se proporzionato con la stessa quantità di espresso o altri caffè filtrati (da cui si estrae più caffeina e meno nutrienti).
Anche il rituale legato al caffè greco è più simile alla moka che all’espresso. Quest’ultimo è considerato come un booster di caffeina, da prendere al volo e non da sorseggiare.
La moka invece è aggrappata alle mura domestiche, con la calma del mattino o del primo pomeriggio, ed è tale anche il caffè greco.