L’ufficio di presidenza di Montecitorio ha approvato un’indennità aggiuntiva di 1,270 euro netti al mese
In arrivo un aumento di stipendio per i capigruppo della Camera. Con una delibera votata dalla maggioranza di centrodestra e dal Movimento cinque stelle, ieri l’ufficio di presidenza di Montecitorio ha approvato un’indennità aggiuntiva per i presidenti dei nove gruppi parlamentari, pari a circa 2.227 euro lordi al mese (1,270 euro netti).
L’aumento arriverà, ma ridotto alla metà, anche per i presidenti delle due componenti del gruppo parlamentare Misto (Più Europa e Autonomie). Pd, Italia Viva e Alleanza verdi e sinistra si sono astenuti. Il ritocco, spiegano, serve a pareggiare i conti con quella dei presidenti di Commissione, visto che i capigruppo svolgono “rilevanti funzioni istituzionali”.
Per il 2023 sarà a carico dei bilanci dei singoli gruppi parlamentari. Dal 2024 invece verrà erogata direttamente dalla Camera, la cui spesa però non aumenterà. Le risorse necessarie saranno prelevate dal contributo concesso da Montecitorio ai gruppi parlamentari. E quindi, viene spiegato, l‘operazione è a “saldo zero” per il bilancio complessivo della Camera.
“Con questa indennità, che dovrà essere prelevata dal contributo che viene versato ai gruppi parlamentari, viene riconosciuta l’importanza del ruolo e delle attività dei presidenti dei Gruppi parlamentari. Ribadisco che questa operazione non prevede nessun aumento di spesa, neanche di un centesimo“, si difende il questore Paolo Trancassini.
Ma c’è chi rifiuta l’aumento in busta paga. A partire dalla capogruppo del Partito democratico Chiara Braga, che “ha deciso di non avvalersi dell’indennità aggiuntiva”, si legge in una nota.
Anche il pentastellato Francesco Silvestri ha annunciato che rinuncerà ai soldi, malgrado i Cinque stelle abbiano votato sì alla delibera. “In linea con la mia storia personale e quella del Movimento 5 Stelle, non mi avvarrò in alcun modo di questo aumento e farò in modo che le risorse, proprio come prima che questa delibera divenisse effettiva, vengano utilizzate per lo svolgimento delle nostre battaglie politiche“, dice il deputato pur riconoscendo “l’impegno del Movimento 5 Stelle” che ha “evitato spese a carico degli italiani”. E spiega: “Abbiamo ottenuto una modifica sostanziale spingendo le forze politiche di maggioranza a accettare lo schema da noi proposto e a votarlo in Ufficio di Presidenza: le indennità dei capigruppo non devono essere a carico degli italiani ma eventualmente dei gruppi parlamentari. La proposta passata alla Camera è a saldo zero”.
Anche Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, annuncia di voler rinunciare all’indennità: “Quella riconosciuta ai capigruppo non comporta alcun aggravio di spesa al bilancio della Camera. Tuttavia, ritengo che sia giusto lasciare ai destinatari della misura la possibilità di rinunciare alla stessa, cosa che faccio senza difficoltà alcuna”.
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